di Emilia Sanci
membro Consiglio Direttivo AC Scuola Montessori APS
docente di Diritto ed Economia presso il Liceo Statale "Maria Montessori"
Difficile annoiarsi in una città come la nostra: un giro in uno dei più bei centri storici del mondo, la visita a Palazzi storici, chiese, musei o mostre temporanee, o anche semplicemente un gelato a passeggio in uno dei tanti Parchi di Roma. Chi, comunque, fosse alla ricerca di qualche idea in più, potrà visitare “Amazônia”, di Sebastião Salgado, al Maxxi di Roma, approfittando della proroga della mostra fino al 21 agosto.
Dopo sei anni di viaggio, lontano da tutto e da tutti tranne che da Lélia Wanick, sua amata compagna di avventura, con oltre 200 scatti rigorosamente in bianco e nero, il fotografo ci racconta l’Amazzonia…di più: Salgado catapulta il visitatore dentro l’Amazzonia, grazie al “paesaggio sonoro”, creato da Jean-Michel Jarre, fatto di versi degli animali, di cinguetii, di fruscii, di temporali scroscianti, in una parola i suoni dell’Amazonia, che accompagnano - senza mai essere invadenti - quella che risulta uno dei più riusciti esempi di mostra immersiva. Non a caso l’allestimento della mostra è stato curato personalmente da Lélia Wanick che, avendo vissuto questa esperienza in prima persona assieme a Salgado, è riuscita nell’incredibile sfida di ricostruire all’interno di un museo l’atmosfera vissuta per sei lunghi anni, restituendo al visitatore una piccola ma intensa parte delle emozioni provate.
La potenza della natura, l’imponenza dei paesaggi catturati da Salgado rappresentano al tempo stesso il più emozionante racconto della grande fragilità di questo ecosistema e dei soprusi denunciati nelle interviste fatte ai capi tribù. Una mostra che è innanzitutto un atto politico a tutti gli effetti, attraverso cui il mondo della Cultura esercita il proprio impegno civile e sociale, informando anche i più “distratti” della situazione di pericolo della foresta Amazzonica, patrimonio dell’umanità intera, le cui vicissitudini non possono non riguardare la collettività mondiale.
Anche alcuni degli studenti del Liceo Montessori hanno potuto godere di questa magnifica esperienza: quale “recensione” migliore, dunque, dei loro commenti e delle loro riflessioni?
“L’obiettivo della mostra è quello di puntare l’attenzione sul polmone verde del nostro mondo: l’Amazonia, che negli ultimi anni è soggetta a deforestazione e anche le popolazioni indigene sono minacciate dalle civiltà più sviluppate che le circondano, che cercano di fare di tutto per edificare e sfruttare in maniera non ecosostenibile il paradiso dell’Amazonia” (Cecilia)
“Grazie alla mostra del fotografo Sebastião Salgado abbiamo avuto modo di entrare nel cuore della foresta con i suoi rumori suggestivi e le sue popolazioni apparentemente tanto diverse da noi” (Giorgia)
“Salgado ci ha aperto un mondo su una popolazione completamente diversa da noi: vediamo tribù ferme all’epoca preistorica che sono rimaste molto legate alle tradizioni, molto più di quanto non abbiamo fatto noi. Trovo interessante questo aspetto, del perché noi abbiamo perso questo legame: probabilmente una risposta è data dal loro autoisolamento mentre tutte le altre popolazioni vivono ormai a stretto contatto nell’era della globalizzazione”. (Gabriele)
“Si mette in discussione il consumismo occidentale che comporta un sovrasfruttamento dell’ambiente per ottenere risorse, terreni su cui edificare: niente di paragonabile rispetto a ciò che la Terra ci offre. Per questo ho molto apprezzato l’impegno di Salgado, che si è messo in gioco totalmente per questa importante causa” (Federico)
“Troppo spesso il concetto di civiltà o di civilizzazione è associato all’andamento del progresso tecnologico. E invece gli indigeni ci hanno dimostrato di aver trovato il loro equilibrio vivendo di semplicità tramite il dialogo, la libertà di scelta, con le loro credenze, i loro rituali, la condivisione e l’organizzazione” (Maria Sofia).
“Gli indigeni parlano il portoghese perché sono costretti ad abbandonare la loro lingua” (Emanuele)
“Non mi aspettavo che le popolazioni indigene, così isolate, fossero così aperte al dialogo con altre culture: questo mi ha molto stupito” (Cecilia)
“Salgado sembra volerci dire: “questa è la magnifica Amazonia e questo è ciò che stiamo perdendo a causa della deforestazione e delle politiche del governo brasiliano che stanno rendendo sempre più difficile preservare questi luoghi” (Edoardo)
Il fotografo con la sua macchina diventa esploratore e antropologo; documenta alla collettività la sua esperienza senza esprimere giudici, e attraverso i suoi scatti mi emoziono. (Alessandro)
“Salgado ha voluto rendere coscienti noi e le nostre istituzioni unendo arte e natura, genitori di una forma innovativa di bellezza educativa e per questo lo ringrazio” (Giorgia)
“Paesaggi sublimi, colti sia dall’alto, con voli aerei grazie ai quali Salgado abbraccia panorami di ampiezza disorientante, sia dal basso del fiume, dove rive, alberi e piante si riflettono nell’acqua a volte limpida e piatta e a volte increspata.” (Alessandro)
“Sono foto che ti fanno davvero immergere nell’esperienza, anche grazie all’allestimento del luogo, buio, in cui le foto risaltano, anche grazie ai suoni della natura che ti portano proprio lì…La mostra è stata molto utile per informare della situazione dell’Amazonia.” (Sofia)
“Mi hanno colpito i suoni dell’Amazzonia che rendevano la visita più immersiva. Mi è piaciuta anche l’atmosfera: in un luogo buio c’erano dei fari che illuminavano le fotografie, facendole risaltare” (Alessandro S.)
“Mi ha incuriosito la scelta dell’artista di fotografare solo in bianco e nero, così facendo ha lasciato allo spettatore la possibilità di attribuire colori ai paesaggi, agli animali, agli occhi delle persone. Oltre a suscitare l’uso dell’immaginazione, credo che Salgado abbia voluto lanciare un messaggio: vogliamo che il nostro mondo cada nella nera oscurità o vogliamo cambiare oggi per far sì che la luce ricopra ancora i nostri territori? Perché stiamo sfruttando l’Amazzonia, sottraendola non solo alle popolazioni locali, ma anche a noi stessi; come quando si raccolgono i fiori più belli di un campo per farne un mazzo, per poi ritrovarsi davanti una distesa desolata di paglia e di tristezza”. (Giorgia)
“Permette con i suoi scatti, grazie al contrasto del bianco e nero, di entrare nei paesaggi, riuscendo a vedere la silhouette del paesaggio così com’è. Piuttosto che essere distratto dai colori e dalle sfumature interne alla forma, si riesce a vedere le caratteristiche essenziali del paesaggio, senza la distrazione dei colori che la mente è poi capace di ricostruire in un secondo momento”. (Edoardo)
“Mi è molto piaciuto il Maxxi: la sua parte originaria (un tempo caserme) e la struttura moderna con forme ondeggianti” (Francesco)
“Il Maxxi è molto bello e anche quella del parco aperto a tutti è una bella idea per portare l’arte contemporanea nelle vie di Roma” (Sofia)
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