di Giorgia Carducci e Francesco Martiello
5C Liceo delle Scienze Umane - opz. Economico/Sociale
Il progetto Erasmus+ è un’iniziativa dell’Unione Europea, pensata per favorire l’istruzione e la formazione dei giovani comunitari; nel mese di ottobre otto alunni del Montessori, oltre a noi due, hanno avuto modo di prendervi parte, vivendo un’esperienza indimenticabile.
Il progetto ha avuto luogo a Pilsen, una cittadina della Repubblica Ceca, dove abbiamo interagito sia con ragazzi del posto, che con dei ragazzi turchi che vi hanno aderito.
Il tema principale è stato il Green Workout, quindi tutto ciò che riguarda il mondo della sostenibilità dello sport. Ci siamo allenati con gli altri ragazzi in palestra e all’aria aperta, abbiamo composto degli schemi alimentari salutari e sostenibili, abbiamo discusso di come lo sport possa diventare un alleato per alleviare alcuni disagi psichici come la depressione o l’ansia; ovviamente abbiamo fatto tutto ciò parlando inglese tant’è che una volta tornati in Italia sembrava quasi strano portare avanti una conversazione intera nella nostra lingua. Questo, in un modo o nell’altro, ci ha fatto sentire tutti sulla stessa barca, nonostante la provenienza da Paesi così distanti.
Abbiamo anche potuto visitare le città di Pilsen e Praga, che ci hanno lasciato senza fiato davanti alle loro architetture e ai loro suggestivi colori, e abbiamo assaggiato dei piatti tipici come il goulash, il veproknedlozelo e il trdelnik.
Se da un lato abbiamo apprezzato la bellezza delle case variopinte, l’ordine e la pulizia delle strade e dei marciapiedi, d’altra parte, in alcune circostanze, siamo rimasti colpiti, in particolare nei bar e nei ristoranti che abbiamo avuto modo di frequentare, dall’atteggiamento a volte freddo e sbrigativo del personale, così distante dal tipico modo italiano di accogliere i visitatori, più caloroso ed informale.
Come italiani, ci ha incuriosito e fatto una certa impressione vedere, ad esempio, i ragazzi turchi mangiare gli spaghetti con il cucchiaio, oppure tagliarli con il coltello o ancora condirli con il ketchup. Gli stessi ragazzi turchi ci hanno colpito con il loro affetto nei nostri confronti: al saluto finale ci hanno regalato dei piccoli oggetti caratteristici affinché li ricordassimo, qualcuno addirittura commuovendosi.
Insomma, al di là delle diversità delle rispettive culture e dei rispettivi usi e costumi, la nostra sensazione è stata che l’amicizia è l’elemento che può unire, è il filo conduttore che può realmente permettere a tutti i popoli di superare tutte le barriere e vivere in armonia.
Questa esperienza sicuramente ci ha aiutato ad allenare il nostro spirito di adattamento e a metterci in gioco in un contesto nuovo e diverso, nonostante la paura di essere giudicati, che, forse, è una delle più temibili della nostra età; abbiamo imparato ognuno qualcosa dall’altro, scoprendo di essere tutti fondamentali.
Per questo, vorremmo ringraziare i nostri compagni di viaggio Alessia Camponeschi, Marika Dodi, Chiara De Vincentis, Chiara Rossello, Alessandro Mancino, Leonardo Brussani, Serena Valenti e Mattia Ambrosio; e i nostri accompagnatori, la professoressa Modica e il professore Giacopini.
Na zdravì!l
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