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Redazione

Le ricordanze

di Andrea Fundarò

5A Liceo Classico



Va’, penser mio su l’ale, va’ pensero

a le rare, sublimi ricordanze,

in cui si finge ‘l bel e letizia stilla,

aurea e soave! 4


A l’auror, in sul primissimo albor,

allor che discolorando va la cieca

notte e ‘l ciel, inargentato, cangia

lo scuro manto; 8


oh, tu rinasci, sempiterno calle!

Montar ti veggo colà u’ poggi

e prati s’infiorano a l’aleggiar

di primavera. 12


Risuonan di Zefiro i quieti

borghi, verdi stormiscono di lecci

e faggi le fronde; un rabbuffo, ed ecco:

s’odon canti, 16


al destarsi de la città, d’augelli,

or più or men da lungi e suadenti.

S’invola, oh tenerella, la luna,

candido astro, 20


incombe in un baleno il mane:

un raggio al mio cospetto s’alluma –

limpido a solleone l’aer paduano –

un duro cancello 24


il guardo da sì tante maraviglie

esclude. O Diana, ch’il limitar tuo

al passegger usi ognor varcare,

liquide fonti 28


per te zampillano di chiara linfa

e dolce! Quinci dedali e bagni,

quindi isole e simulacri

coprono l’orto. 32


Sdrucciola il tempo, corrono i fati –

e noi affatto non ce n’avvediamo:

vecchierel canuto, infermo, ignudo:

tale è la sorte 36


mortale. Indi, pria che ci rapisca

il verno e seco l’ora estrema,

sovvien il crepuscolo, si arrossa

l’etra superno: 40


tutto, immoto, tace; sol festina

l’umano côr, vago di rimirar

la terra natale - e mai n’è pago.

Patria oriunda, 44


onde polve ne’ travagli nascemmo,

ove polve a te torneremo!

Fessi, dopo strenua e lunga contesa,

itala patria, 48


posa ci attende ed etterna requie.

Pure, io in barbara contrada, io,

a l’ondeggiar de la navicella

su stranio gorgo, 52


su l’Istro da le bell’acque, là dove,

tristo e sconsolato, svernò ‘l poeta

in esiglio, là dove suol le prede

venar Amore; 56


laggiù, in una notte pien di facelle,

giacerò, lacrimato or ispero,

in ramingo sepolcro: fien l’onde

la mia dimora. 60


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