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Lo strano vantaggio di Michel Petrucciani

di Stefano Mingarelli

docente di Storia e Filosofia presso il Liceo Statale "Maria Montessori"


Non si ama qualcuno per il suo aspetto fisico, per i suoi vestiti, per la sua carrozza di lusso, ma perché canta una canzone che solo tu puoi sentire.

Oscar Wilde


Il 28 dicembre del 1962, ad Orange, in Francia, nasceva Michel Petrucciani; una malformazione congenita lo caratterizzerà per tutta la vita: resterà alto appena un metro e due centimetri e con le ossa fragilissime.

La culla di questo bambino è fortunata però, la sua è una famiglia di musicisti, emigrati di origine napoletana.

Sarà suo padre, chitarrista, a fargli conoscere i miti del jazz, come Wes Montgomery ed Art Tatum, ma la scintilla del suo genio comincia ad accendersi dopo l'ascolto di Duke Ellington: “Per me fu una specie di folgorazione. Evidentemente avevo buon gusto. Allora papà mi regalò una pianola. Lo ringraziai ma mi sembrava uno strumento un po’ finto. Decisi di prenderla a martellate."

Da quel momento, il piccolo Michel fece capire seriamente che il pianoforte, tanto desiderato in casa da sua madre, doveva essere vero e che sarebbe stato lui a suonarlo in casa.

Ma non si accontenta. Michel ha il ritmo napoletano nel sangue e si fa regalare anche una batteria, dove affina le sue capacità, quelle che sul pianoforte si noteranno con lo sbalorditivo lavoro ritmico-percussivo della mano sinistra sui bassi, basti pensare al brano Take the "A" train.


Il primo concerto lo fa a 13 anni, quando lascia il pubblico incantato per la sua abilità al pianoforte. Sei anni dopo entra nel quartetto del celebre sassofonista Charles Lloyd. Per vent'anni avrà una carriera superlativa, con oltre trenta album pubblicati, ottenendo importanti riconoscimenti, su tutti il celebre "Django Reinhardt Award", una sorta di Oscar per il Jazz, e avrà modo di collaborare con leggende come Dizzy Gillespie a Eddie Gomez.

Le sue composizioni, le interpretazioni, il suo stile, lo hanno catapultato a buon diritto nell'olimpo dei migliori pianisti di jazz.

Parlando della sua disabilità, Petrucciani l'ha sempre considerata come una specie di vantaggio, un impedimento, sì, che però gli ha evitato a suo dire molte distrazioni e gli ha consentito di concentrarsi completamente sulla musica.

La sua tecnica e il suo stile sono stati paragonati a quelli di compositori del livello di Bill Evans, di Keith Jarrett e di Oscar Peterson, ma, in senso strettamente stilistico, la peculiarità che maggiormente risalta nel fraseggio di Michel Petrucciani è la sensibilità nel dosare le scale diminuite del jazz con passaggi in scala pentatonica blues e conclusioni nella classica minore. Inventa cioè una vera e propria "pozione magica", una lingua evocativa, che svela tutta la sua profondità e la bellezza d'animo, davvero questa fuori dal normale. Così, la musica si insinua inesorabile nei sensi di chi ascolta, gli apre insospettati varchi nel bosco della mente e lo fa viaggiare.

La musica è comunicazione metafisica e per Petrucciani era la chiave stessa dell'esistenza.


Se ne va troppo presto, a 37 anni, il 6 gennaio del 1999, sotto il peso di una natura implacabile su cui lui però ha avuto il tempo di prendersi una rivincita sublime.


Ecco il link di una lezione "montessoriana" di Petrucciani:




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