di Giorgia Carducci
4C Liceo delle Scienze Umane - opz. Economico/Sociale
Una volta mio nipote mi chiese cosa fosse l’odio
e io gli risposi in rima
per fargli accettare più dolcemente il tratto più brutto della vita.
Accarezzando quel viso puro cominciai:
“L’odio è come un veleno,
allora perché l’uomo non riesce a farne a meno?
Forse perché è il figlio di uno stile di vita terreno
In cui il colore dominante è il nero.
L’odio è captabile in quell’aria pungente
Che si trova tra un ateo e un credente,
ognuno convinto della propria tesi
difesa con gli scontri più accesi.
L’odio è negli occhi di un anziano
mentre guarda un ragazzo nero e pensa: “Che villano!”,
non sapendo che quel ragazzo sta tornando triste da scuola
perché nessuno gli ha rivolto parola
e crede di essere in un posto sbagliato,
nonostante per raggiungerlo, abbia così duramente lottato.
L’odio è un complimento non richiesto
da non poter considerare molesto
sul bel corpo di una ragazza
che cammina a testa bassa per la piazza,
per timore di attirare ulteriore attenzione
di quel gentile commentatore.
L’odio è quel pianto soffocato in una notte insonne
in preda a un delirio folle
perché non riesci più a sopportare
il corpo in cui sei costretto ad abitare.
L’odio è un accompagnatore fedele,
ciò che ha spinto Caino ad ammazzare Abele.”
Lui rimase in silenzio
come se la sua giovanile leggerezza
fosse stata spenta da un’amara consapevolezza.
“Allora perché esiste una cosa così cattiva?”
lui mi chiese.
“Perché di mille sfumature gode la vita.”
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