di Federico Piccini
1A Liceo Linguistico
Era soprannominato Divin Codino per la sua acconciatura, e proprio questo soprannome è il titolo del biopic che Netflix ha presentato a fine maggio, incentrato sulla sua vita e sulla sua carriera. Roberto Baggio aveva anche scritto un'autobiografia, “Una porta nel cielo”, pubblicata nel 2001, nella quale ripercorre la conversione al Buddhismo, la carriera e approfondisce i suoi complicati rapporti con alcuni allenatori.
Nato a Caldogno il 18 febbraio del 1967, sesto di otto figli, si avvicinò al calcio fin da piccolo cominciando a tirare i primi calci al pallone all’età di tre anni avendo come idolo Zico.
La carriera calcistica di Baggio è stata segnata da un grave infortunio al ginocchio: fratture del crociato anteriore, della capsula, del menisco e del collaterale della gamba destra. Giocatore offensivo, poteva ricoprire più ruoli, e viste le sue grandi doti tecniche era il tipico fantasista. Infatti giocava prevalentemente come seconda punta o trequartista ma poteva essere schierato anche come centravanti di manovra o esterno d’attacco. Michel Platini, vincitore di tre palloni d’oro, lo considerava come un “nove e mezzo” visto il suo modo di giocare a metà tra un rifinitore e un attaccante.
Con i club ha conquistato diversi titoli: con la Juventus, una Coppa Italia e uno scudetto nella stagione ‘94-’95, e una Coppa Uefa (l’attuale Europa League) nel ‘92-’93 quando nella finale sconfisse il Borussia Dortmund. Con il Milan ha vinto una Serie A nella stagione ‘95-’96. Con la nazionale Baggio ha preso parte a tre mondiali, nelle edizioni Italia ‘90, Stati Uniti ‘94, Francia ‘98. Sfiorò la vittoria nell’edizione del 1994, quando trascinò l’Italia fino in finale con cinque gol, però in seguito, fu uno dei tre italiani che fallirono il rigore nella serie decisiva per il titolo mondiale: il suo tiro alto, sopra la traversa, decisivo, coronò il Brasile campione del mondo e lo fece maledire da milioni di tifosi. Baggio provò in tutti i modi, forse per cancellare quel ricordo, a essere convocato anche per il mondiale del 2002, all’età di 35 anni, ma Trapattoni, allora allenatore della nazionale, che pure gli aveva promesso la convocazione nel caso di una grande forma alla fine non lo reputò all’altezza di una nuova partecipazione.
A livello individuale Baggio ha avuto il riconoscimento di diversi titoli: un FIFA World Player e il Pallone d’oro nel 1993, e un Golden Foot (premio individuale per giocatori di almeno 28 anni che si sono distinti per i loro risultati sportivi e per la loro personalità) nel 2003.
Baggio era in grado di calciare con entrambi i piedi, ma preferiva il destro con il quale tirava molto bene: nei rigori è secondo, in Serie A, per realizzazioni, dietro solo a Totti; nelle punizioni dalla distanza ha ispirato a Pirlo l’esecuzione chiamata “La Maledetta”.
Ripercorriamo la sua carriera, costellata da molti cambiamenti e iniziata, nel calcio importante, quando aveva tredici anni e venne chiamato dal Lanerossi Vicenza che comprò il suo cartellino dal Caldogno per 500.000 lire. Gioca tre anni nelle giovanili per poi esordire all’età di sedici anni, il 5 giugno del 1983, nell’ultima sfida del campionato di Serie C1, Vicenza-Piacenza. La sua esperienza al Vicenza è segnata dall’infortunio al ginocchio destro, evento che ebbe conseguenze importanti, non solo nel fisico ma anche nello spirito: infatti durante la convalescenza, grazie ad un incontro casuale, si convertì al Buddhismo.
Baggio poi passerà alla Fiorentina, la squadra che gli consentì di mettersi in luce: è con la maglia viola che esordisce in Serie A il 21 settembre del 1986, grazie all’allenatore Eugenio Bersellini, nella sfida casalinga contro la Sampdoria. Ma la settimana successiva l’attaccante della Fiorentina subisce un altro infortunio al menisco del ginocchio destro, è costretto a stare fermo per mesi per poi rientrare in campo a fine stagione e segnare il suo primo gol in Serie A, il 10 maggio del 1987, contro il Napoli, rete che consente la salvezza alla Fiorentina.
Nella stagione ‘87-’88 si consacrò riuscendo ad avere continuità e riuscendo a diventare un giocatore importante se non cruciale per la Viola. Il giocatore poi nel 1990 venne venduto alla Juventus controvoglia, infatti nella sua avventura bianconera rimase comunque legato alla formazione di Firenze. Celebre fu il gesto nella conferenza stampa dopo il trasferimento, quando gli venne messa al collo la sciarpa bianconera e lui contrariato se la tolse.
Baggio, però, è con la Juventus che conquista la maggioranza dei suoi titoli, e questi successi hanno anche un valore aggiunto dato dal ruolo da capitano della squadra che quindi ha l’onore di alzare questi trofei.
Invece fu tutto l’opposto la sua avventura rossonera, anche se vincerà un campionato nel suo primo anno al Milan. L’anno dopo sulla panchina arrivò Tabarez che non conseguì buoni risultati e diede le sue dimissioni a dicembre: al suo posto arrivò Arrigo Sacchi e con lui emersero i trascorsi non buoni del mondiale del 1994. Stanco di fare la riserva, Baggio si sfogò con il tecnico in una conferenza stampa per poi arrivare alla rottura quando il giocatore rifiutò l'invito dell'allenatore di andarsi a scaldare. Quindi Baggio passa al Bologna, esperienza senza grandi eventi che anche in questo caso si chiude (nel 1998) a causa dei brutti rapporti con l’allenatore, Renzo Ulivieri. Sceglie di tornare a Milano, ma questa volta in nerazzurro: l'Inter infatti punta al titolo, ma l’annata sarà negativa. Nella stagione ‘99-’00 con Marcello Lippi, l’impiego di Baggio diminuì e quindi il fantasista veneto decise di trasferirsi ancora, per chiudere la carriera al Brescia. Nei suoi quattro anni con i lombardi riuscì sempre a centrare il principale obiettivo del club, la salvezza.
A 37 anni, il 16 maggio 2004, il divin codino decide di ritirarsi dal calcio giocato.
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