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Studente di Maggio fatti coraggio

di Ginevra Giumini - ex studentessa del Liceo Statale "Maria Montessori"


Desidero raccontare qui cosa ha significato per me la conclusione della mia carriera scolastica, prima di entrare nel complesso mondo dell’università.


La pandemia da Covid-19 ha paralizzato il sistema scolastico nell’ultimo anno e mezzo e ho subìto questa paralisi in prima persona, come molti altri studenti nel mondo.

“Cosa succederà ora?”, “Cosa ci aspetta dopo?”, “Servirà davvero tutto questo, arrivati a questo punto?”: tante domande rimbalzate nella mente dettate dal timore che non avremmo mai ricevuto una risposta in tempo per reagire, nel nostro piccolo, a tutto ciò che stava accadendo.


Così, chiusa in casa dal lockdown, passavo giornate intere a pensare se tutto quello che era stato il mio percorso, sarebbe stato abbastanza per arrivare più preparata possibile all’esame di giugno e prendere quel voto che pensavo di meritare.


Nonostante abbia sempre pensato che con la mia forte personalità avrei potuto affrontare tutto con sicurezza e tranquillità, l’ansia era padrona del mio corpo e della mia testa.

A distanza di un anno, ripercorrere le emozioni provate mi fa pensare a quanto sia stimolante provare anche le sensazioni negative che accompagnano momenti difficili per un adolescente, come l’esame di maturità, soprattutto se condivise con le persone che ti hanno visto crescere come i compagni di classe e i professori.


L’Esame di Stato dell’anno scolastico 2019-2020, ci ha dato la possibilità di esprimere le nostre conoscenze attraverso un elaborato - da preparare a casa seguendo una traccia a noi assegnata singolarmente che comprendeva le materie di indirizzo - e un “maxi-orale” di un’ora circa, che incuteva terrore solo dal nome. L’incertezza di questo nuovo approccio è stata causa della paura di molti, che lo hanno vissuto come un ostacolo invalicabile. Sentimenti di confusione e diffidenza si sono diffusi tra gli studenti, già amareggiati dal contesto nuovo e straordinario che nessuno si sarebbe mai aspettato di vivere, me compresa.


Ammetto di aver avuto il famosissimo “blocco dello scrittore” e di aver passato le nottate a cancellare intere pagine di scalette e argomenti da trattare: tutto sembrava sbagliato. L’unico modo per non sentirmi scoraggiata dall’imminente scadenza, era sapere che anche i miei compagni si trovavano in difficoltà e provando a scambiarci consigli e improvvisandoci filosofi di ottimismo, abbiamo provato a stare l’uno vicino all’altro, psicologicamente e fisicamente, per quanto poteva essere possibile. Non è mancato ovviamente il supporto dei professori in quanto, anche loro in difficoltà, si sono ritrovati di punto in bianco a dover gestire intere classi a distanza tramite gli schermi dei loro computer.


Deve essere stato strano per loro vedere i capelli arruffati alle otto di mattina, i pigiami nascosti sotto le felpe grandi di papà e le teste pesanti rette dalle braccia che poggiavano sulle nostre anonime scrivanie e soprattutto leggere i nostri occhi, ormai arresi a quello che sarebbe stato il nostro ultimo anno delle scuole superiori.

E intanto si avvicinava la scadenza della consegna dell’elaborato: lo leggevo dieci volte al giorno ai miei genitori, con la speranza di un loro giudizio oggettivo e magari sì, anche di qualche complimento perché mi convincevo sempre di più che quella sarebbe stata come una lettera di presentazione che avrebbe suggellato alla perfezione la fine del mio percorso.

Ricordo benissimo infine quel terribile sabato di giugno in cui ho dovuto affrontare la prova orale, infastidita dal caldo estivo e dalla mascherina sul volto.


Non era di certo l’esame orale che mi aspettavo da cinque anni, ma è stato sicuramente diverso e, incredibilmente, molto divertente. Il clima che c’era all’interno dell’aula sapeva di casa: accanto a me, la mia migliore amica come testimone, mentre di fronte a me, una schiera di banchi sistemati a ferro di cavallo, dietro a cui sedevano i miei professori muniti rigorosamente di mascherine che nascondevano il loro sorriso, che si rifletteva però nei loro occhi.


La scena che sto descrivendo sembra quella di un film di fantascienza, ma posso affermare di non essermi mai sentita così a mio agio davanti ai miei professori, che ad oggi rimpiango per il rapporto incredibile che si era creato. Improvvisamente la mia bocca ha iniziato a parlare come se tutto quello che stavo dicendo fosse un racconto già scritto. Le gambe tremavano insieme alla voce, ma gli sguardi attenti e interessati dei professori mi hanno spinto a credere ancora di più in quello stavo dicendo, rendendomi fiera del lavoro svolto a casa nonostante i tanti momenti di debolezza.


Non sono mancati nemmeno attimi di leggerezza e divertimento che hanno reso l’esame tranquillo e sereno anche se, arrivati alla fine– mentre ringraziavo i docenti - ho sentito l’amaro in bocca che sapeva di malinconia, per tutto quello che stavo lasciando e la consapevolezza che ero davvero cresciuta.

In mente cerco ancora di raccogliere le immagini degli istanti felici e spensierati ma anche tristi e problematici, condivisi dal primo anno con i compagni soprattutto con qualcuno di loro con cui avevo particolarmente legato e che non avrei mai voluto lasciare andare.

Mi sento di ringraziare la pandemia che mi ha dato modo di vedere, nel bene e nel male, i miei limiti e di scoprirne di nuovi; la mia classe da cui ho imparato sempre qualcosa di nuovo; il mio liceo con i suoi studenti, che nelle grandi e piccole occasioni ha dato modo di dimostrare che credere in una nuova scuola non è una realtà impossibile; i miei professori, che non ha importato per quanto tempo siano stati miei, che mi hanno capito e supportata con i loro consigli e a volte con qualche rimprovero.


Per tutti gli studenti che dovranno affrontare questa maturità, auguro di credere nei loro sogni e obiettivi. Concedetevi i momenti di sconforto che saranno i più educativi e usate la forza della vostra mente per rialzarvi, imparando dagli sbagli; credete nelle parole di solidarietà dei vostri professori e godetevi l’Esame di Stato che vi concederà, per l’ultima volta nella vostra carriera scolastica, di sentirvi ancora adolescenti dentro.


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