di Maddalena Dilucca
docente di Matematica e Fisica presso il Liceo Statale "Maria Montessori”
Enzo Marinari, professore ordinario di fisica teorica dell’Università la Sapienza di Roma, co-autore di oltre 100 articoli scientifici e amico ci racconta il premio Nobel Giorgio Parisi.
Ciao Enzo, ci racconti come mai Giorgio è sempre rimasto in Italia?
La considerazione importante è che Giorgio ha in questo senso una personalità bifronte. Da un lato è un fisico astratto, un ricercatore puramente teorico in grado di inventare incredibili impalcature matematiche, e dall'altro è una persona molto impegnata nella società, molto coinvolta in un continuo ed efficace impegno civile. Questa è stata la motivazione principale (insieme ovviamente a un grande radicamento familiare) che ha portato Giorgio a scegliere sempre l'Italia, pur davanti a continue offerte di posizioni nelle più prestigiose università dal mondo. In Italia e a Roma Giorgio ha sempre voluto e potuto essere non solo un eccellente ricercatore ma anche un cittadino impegnato a modificare la realtà di tutti i giorni.
Puoi spiegarci la tua attività con Giorgio e il vostro campo di ricerca comune?
Io ho cominciato a lavorare con Giorgio durante la mia Tesi di Laurea, sulla fisica delle particelle elementari. Tutti sappiamo ormai quanto sia stata multiforme la produzione scientifica di Giorgio, e io avevo scelto di seguire la parte dei suoi interessi che riguardava il "piccolissimo". Ci occupavamo di studiare, anche con innovativi metodi numerici, la teoria delle interazioni forti, la cosiddetta cromodinamica Quantistica. Si trattava già di un modo di affrontare la fisica delle particelle elementari in qualche modo atipico, basato sulla Meccanica Statistica. Poi piano piano i miei interessi si sono spostati verso la meccanica statistica dei sistemi disordinati e verso la Teoria di Parisi (anche detta della Rottura Spontanea della Simmetria delle Repliche). Su questi argomenti ho avuto con Giorgio collaborazioni continue e densissime, che durano numerose ancora oggi.
Ti ricordi la prima volta che hai incontrato Giorgio?
Certo! Lui teneva, per la prima volta, il suo corso di Teoria Statistica dei Campi, ed io ero un suo studente, del tutto invaghito delle idee che esponeva nel corso. Questo è il corso che adesso, da quando Giorgio è andato in pensione, io insegno in Sapienza. Giorgio stava scrivendo il suo libro, che è poi diventato un grande classico, ed io ho cercato di dare una mano con i miei appunti e facendo commenti, a volte utili e a volte no, sulle sue note.
In quali occasioni hai potuto collaborare con lui all’estero?
In effetti è successo spesso. Ci siamo visti molto soprattutto a Parigi, dove io sono andato a cominciare la mia ricerca dopo la Laurea, e dove lui aveva (ed ha) moltissimi contatti scientifici. Ci è capitato di essere lì entrambi anche per vari mesi. In questo modo sono nate varie collaborazioni importanti: ricordo ad esempio con particolare affetto la collaborazione comune con David Ruelle, un grandissimo fisico matematico.
Ci spieghi brevemente per quale nota teoria Giorgio è stato insignito del Premio Nobel?
La motivazione del Nobel a Giorgio è molto bella e molto ampia, e include molti dei suoi contributi, premiando alcuni risultati spettacolari e, insieme, una nuova visione del mondo che Giorgio è riuscito a matematizzare, e a far diventare una teoria dalla quale sono state ottenute notevoli predizioni fisiche. Il nucleo è certamente la "soluzione di Parisi", di cui parlavo prima. Ma molto più in generale fanno parte dei grandi risultati di Parisi, e sono stati riconosciuti con il Premio Nobel, per esempio i contributi alla soluzione di problemi di ottimizzazione, lo studio di numerosi sistemi di interesse biologico, la "risonanza stocastica" che aiuta nella comprensione dei tempi delle glaciazioni, lo studio di caratteristiche dei fenomeni turbolenti come la multifrattalità, la descrizione di superfici in crescita detta KPZ.
Il nostro Liceo collabora con La Sapienza per i percorsi PCTO tramite il laboratorio di fisica. Hai dei consigli per migliorare l’insegnamento della fisica alle superiori?
Trovo le problematiche relative all'insegnamento alla superiori assolutamente affascinanti, ma non ho competenze specifiche. Mia figlia è ancora alle scuole medie. Quando era all'asilo ho provato ad aiutare con una lezione sulle forze, con o senza contatto. Avevo costruito una vaschetta con delle barchette di carta, e quando ho dato alle bimbette e ai bimbetti delle cannucce per soffiare sulle barchette e farle muovere loro le hanno usato per provare a bere tutta l'acqua, probabilmente melmosa, della piscinetta. Lì ho capito che la didattica davvero cambia molta con l'età dei discenti.
Scherzi a parte, trovo fondamentali queste collaborazioni tra scuole secondarie superiori e università. Penso che facciano crescere tutte le parti coinvolte. Per noi all'università avere chiavi di riflessioni diverse, quelle che ci possono dare i ragazzi e le ragazze che studiano alla secondaria può essere importantissimo anche proprio per il nostro lavoro. Porsi una domanda in modi diversi può accelerare la risposta.
Penso anche che sia molto importante, nell'insegnamento a tutti i livelli, mantenere uno standard di rigore. A volte ancora si leggono sui libri di testo, anche universitari, frasi improprie ed inadeguati. È chiaro che il livello che si usa per porgere delle idee a un quindicenne o a un ventiduenne è molto diverso: questo però non deve, io penso, incidere sul rigore, che può essere adottato a tutti i livelli.
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