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La Centrale Montemartini di Roma - le macchine e gli dei: un esempio perfetto del connubio tra allestimento museale e riuso di un edificio di archeologia industriale

di Vittoria Albano

2A Liceo Classico - artistico filologico


Sebbene non sempre sia noto ad un vasto pubblico, il riutilizzo di edifici storici come sedi museali è una strategia attuata non di rado, poiché particolarmente vantaggiosa. Innanzitutto, è vantaggiosa dal punto di vista ecosostenibile, in quanto sostituisce alla politica della cementificazione la valorizzazione di strutture preesistenti. In secondo luogo, permette di dare nuova vita a immobili in decadenza ed incentivare il senso di comunità sul territorio, poiché i cittadini vedono finalmente messo in luce un bene a cui si sentono legati. Infine, la fusione di ambienti già ammirabili con esposizioni di pari bellezza può dare vita ad allestimenti museali sorprendenti. Esempi di questo fenomeno sono diffusi nell’intero panorama mondiale. Una testimonianza è il Musèe d’Orsay di Parigi, allestito sulla base dell’ex stazione ferroviaria Gare d’Orsay dall’architetta italiana Gae Aulenti, nel 1986. Un ulteriore modello è la Tate Modern a Londra, riconvertita da centrale termoelettrica a museo nel 2000. Si tratta in entrambi i casi di musei celebri a livello globale, nei quali, dunque, il mutamento di utilizzo è stata una scelta opportuna. 

D’altra parte, non sono da meno le strutture di questo tipo presenti in Italia, come la Centrale Montemartini, situata a Roma, nel quartiere Ostiense. La sua conversione in polo museale, tuttavia, costituisce solo il punto di partenza di una più ampia opera di riqualificazione della zona. Quest’ultima subisce una profonda industrializzazione dai primi del Novecento, sotto l’allora sindaco Ernesto Nathan. Sorgono il Porto Fluviale, la ferrovia, i Mercati Generali e lo stabilimento del gas, con il grande Gazometro di Roma, alto 90 metri e largo 60, realizzato nel 1936 e divenuto simbolo dell’identità storica del quartiere. Risale, invece, al 1912 la costruzione della prima centrale elettrica pubblica di Roma, intitolata all’assessore Giovanni Montemartini, ideatore del progetto tecnico-finanziario. L’inizio dei lavori è conseguente al referendum popolare del 1909, indetto dal sindaco Nathan, per municipalizzare l’elettricità. La centrale diventa fondamentale per i cittadini, in quanto l’impianto garantisce prezzi di gran lunga più accessibili rispetto a quelli degli enti privati. La centrale non abbandona la città neppure durante il secondo conflitto mondiale, rimanendo sempre in funzione. Tuttavia, intorno alla metà degli anni Sessanta, divenuti ormai troppo onerosi i costi di mantenimento, viene dismessa. Per oltre vent’anni l’ex-centrale è in uno stato di decadenza, finché non ha inizio la sua rinascita, nel 1997. In occasione di importanti lavori di ristrutturazione ai Musei Capitolini, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali dispone il trasferimento di alcuni reperti presso la Centrale. Dall’esigenza pratica, poi, deriva l’ispirazione di allestire una mostra straordinariamente innovativa: “Le macchine e gli dei”. L’esposizione unisce i campi dell’archeologia tradizionale e dell’archeologia industriale, accostando raffinate sculture di età romana a imponenti motori del primo Novecento. Tale accostamento è tanto azzardato quanto vincente: il pubblico apprezza notevolmente e nel 2001 la mostra viene trasformata in museo permanente e secondo polo dei Musei Capitolini. Ad oggi, la Centrale Montemartini vanta una collezione di ben 400 opere, rinvenute durante due fasi di scavi archeologici, che corrispondono a due fondamentali momenti di ricostruzione della città: i primi sono quelli condotti nella seconda metà dell’Ottocento, che vedono Roma neo-capitale del Regno d’Italia; i secondi avvengono negli anni Trenta, sotto il regime fascista. 

Il percorso espositivo si snoda lungo i due piani della centrale, attraversando la storia millenaria dell’impero romano. Al piano terra, la “Sala Colonne” ospita reperti di età repubblicana (I secolo a.C.), tra cui il rilievo dei coniugi Eurisaci, proveniente dal sepolcro monumentale di Porta Maggiore, il Togato Barberini, suggestiva rappresentazione di un “togato” che sorregge le teste dei suoi antenati, ed il sargofago dlla giovane Crepereia Tryphaena ritrovata, con i capelli fluttuanti e una bambola snodabile a fianco, durante i lavori per la costruzione del Palazzo di Giustizia.

Ancora più impressionanti sono le sale monumentali del secondo piano, dove è possibile ammirare in tutta la sua magnificenza il treno a vapore di Pio IX, così come altre opere classiche, originariamente collocate negli horti delle domus romane. L’allestimento, inoltre, rispecchia l’epoca di provenienza, tanto che la “Sala Caldaie” ha la struttura di una villa imperiale. Domina la scena la raffigurazione scultorea della musa Polimnia, protettrice della pantomima, copia da un originale ellenistico. Nonostante tutto, il fulcro della visita è la “Sala Macchine”, dove il contrasto tra antico e moderno pone in risalto i reperti classici, che, così, si possono ammirare con occhi nuovi. Infatti, i macchinari della centrale elettrica vanno a costituire un ideale pantheon antico, dove i pilastri in cemento di alternano a meravigliose copie romane da originali greci, raffiguranti Afrodite, Artemide, Dioniso, e così via. 

Ad ogni modo, è la monumentale scultura di Atena (da originale del V secolo a.C.) a catturare l’attenzione del visitatore. L’opera rappresenta la dea in tutto il suo splendore, munita di corazza ed elmo, in posizione eretta, probabilmente a reggere una lancia, sebbene oggi sia priva di braccia. La posa è quella tipica delle sculture di età classica, ovvero secondo l’impostazione a X o chiasmo, introdotta da Policleto di Argo. Quest’opera, non ha nulla ha da invidiare, in fatto di imponenza, ai “cuori” dell’ex-centrale elettrica, i due enormi motori Diesel, alti 7 metri e larghi 20. Questo confronto è interpretabile come sintesi del messaggio dell’intera esposizione: i reperti di archeologia industriale possono suscitare meraviglia quanto le sculture di età romana, e viceversa. Ciò significa che questi mondi, apparentemente incompatibili, non lo sono in realtà e la loro unione può generare ulteriore bellezza, altrettanto apprezzabile.




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