di Alice Morettini
4A Liceo Classico
di Cecilia De Cassan
5C Liceo delle Scienze Umane . opz. Economico/Sociale
Introduzione di Chiara Pacifici
Head of Formal Education – Amnesty International Italia
Il consenso è alla base di ogni rapporto interpersonale: questo concetto, all’apparenza così semplice, dovrebbe vedere d’accordo tutti. Purtroppo non è così. Nei casi di violenza sessuale il nostro codice penale non fa alcun riferimento al principio del consenso, sebbene l’Italia abbia ratificato nel 2014 la “Convenzione di Istanbul” sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, che lo prevede esplicitamente nell’articolo 36. L’introduzione del principio del consenso nella nostra legislazione contribuirebbe a garantire il pieno accesso alla giustizia da parte delle vittime di violenza sessuale. Per questo, Amnesty International chiede l’adeguamento della nostra legislazione alla Convenzione di Istanbul e si impegna con i suoi progetti di Educazione ai diritti umani a creare tra i giovani una “cultura del consenso” rispettosa dei diritti umani.
L’esperienza con Amnesty International nasce da una serie di incontri svolti durante l’anno con due volontarie di questa organizzazione: si è parlato principalmente dell’importanza del consenso, che abbiamo conosciuto nelle sue varie sfaccettature attraverso la visione di alcuni video. È stata un’importante occasione per approfondire e comprendere meglio i limiti della propria libertà personale e dei propri diritti nell’ambito della sessualità.
Ci siamo concentrati sulle varie definizioni di identità di genere ed orientamento sessuale, infatti abbiamo dibattuto a lungo sui vari aspetti che ne determinano l’esistenza e di quando sia fondamentale conoscerli a fondo per poter rispettare l’altro.
Le attività svolte in classe hanno preso vita attraverso una mostra realizzata con la collaborazione tra Amnesty International e alcuni ragazzi della nostra scuola utilizzando i vestiti di donne che hanno subito violenze sessuali, con sotto una voce narrante, scannerizzabile tramite QR code, per spiegarne la dinamica.
Attraverso un'esposizione audace e impattante, gli organizzatori hanno cercato di rompere il silenzio e sfidare gli stereotipi associati a questa forma di violenza.
Uno degli aspetti più rilevanti di questa mostra è stata proprio l'esposizione di questi vestiti, simili a quelli indossati da donne e ragazze che hanno subito violenza, vestiti apparentemente normali, ma testimoni di scene terribili. Questa scelta coraggiosa ha contribuito a sfatare il tabù e a sottolineare che chiunque, purtroppo, può essere vittima di stupro, indipendentemente dal modo in cui si veste o si presenta. Questa rappresentazione ha dimostrato che lo stupro non è determinato dall'abbigliamento o dal comportamento delle vittime, ma è una questione di violenza e mancanza di consenso da parte del carnefice.
La mostra ha offerto un percorso emotivamente coinvolgente, dove sono stati esposti diversi abbigliamenti e raccontate le rispettive storie.
L'organizzazione e l'allestimento della mostra era ben fatta, l’abbigliamento accompagnato dalle storie di ogni ragazza è stato a nostro parere molto toccante e il messaggio è arrivato forte e chiaro.
Ogni aspetto della mostra ha contribuito a creare un'esperienza che ha spinto i visitatori, ossia gli studenti e le studentesse della nostra scuola, a riflettere e ad affrontare un problema spesso ignorato o minimizzato nella società.
La collaborazione con Amnesty International ha fornito una solida base di supporto e competenza, garantendo la trasmissione di messaggi accurati e di impatto.
È stato un modo efficace per coinvolgere attivamente gli studenti e promuovere la consapevolezza e il cambiamento nel nostro contesto scolastico.
Infatti un elemento che ha reso questa mostra particolarmente efficace è stata la volontà di creare spazi di discussione e dialogo. Insieme ad Amnesty abbiamo creato un’attività che consisteva nell’inventare una conversazione tra due persone che incentivasse al consenso. Queste conversazioni poi verranno inviate ad Amnesty, che a sua volta le recapiterà al governo, per attirare l’attenzione su questo tema anche a livello politico con il fine di convincere il parlamento ad emanare una legge sul consenso, in conformità alla Convenzione di Istanbul firmata dall’Italia.
In conclusione, la mostra "Com’eri vestita" è stata un'esperienza straordinaria che ha sollevato tematiche complesse e difficili legate allo stupro.
Gli studenti e Amnesty International hanno dimostrato una grande determinazione nel combattere lo stigma associato alle vittime e nel promuovere una cultura del consenso e del rispetto. Questo evento ha sicuramente lasciato un'impronta profonda nella nostra scuola, incoraggiando il dialogo e sostenendo l'impegno per un futuro in cui lo stupro sia finalmente debellato e le vittime siano ascoltate e supportate.
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